Origini e significato di un modo di dire che ha lasciato il segno.
Ball Don’t Lie è una versione sgrammaticata e più gergale del più corretto e formale “you get what you deserve” reso approssivativamente in italiano con “Ecco quello che ti meriti”.
In realtà in Italia ogni regione lo traduce con i propri modi di dire. Uno di quelli che “rende” particolarmente bene è il milanese: “San Giuan fa minga ingann”.
Quando nasce Ball Don’t Lie?
Ball Don’t Lie per il mondo globale è in primis un libro e in seguito un adattamento cinematografico (film).
Tuttavia la realtà è un po’ diversa perchè questo modo di dire è profondamente radicato nella cultura minors di tutti i giocatori di basket (ballers) che si affidano al concetto base del “Ball Never Lies”.
E’ il 2012 quando “Ball Don’t Lie” approda dai campetti di periferia direttamente alla ribalta globale della NBA quando Rasheed Wallace lo grida al Madison Square Garden di News York.
Sheed verrà espulso, ma da quel momento diventerà leggenda.
In quel’attimo si appropria di un modo di dire che verrà sempre e solo accumunato a Rasheed Wallace.
I comandamenti di Sheed e di Ball Don’t Lie
I comandamenti di Ball Don’t Lie, come stabilito da Sheed, sono i seguenti:
- Se una “fischio” sbagliato è contestato da chi è considerato il colpevole, allora la palla avrà l’ultima parola sul fatto che il fischio fosse giusto o sbagliata. Se il tiratore sbaglia uno o entrambi i tiri di fallo, si dice che la palla ha detto la verità e la chiamata sarà memorizzata in maniera indelebile, nella mente di tutti quelli che hanno visto l’azione, come ingiusta. Spetta quindi alla parte offesa esclamare, con feroce energia “Ball Don’t Lie!”1
- È vero però anche il contrario. Se, dopo un fallo contestato, il tiratore effettua tutti i suoi tiri liberi, allora possiamo dire che l’arbitro aveva effettivamente ragione. O quello o la palla ha mentito.2
Ref. 1,2: https://www.theringer.com/2017/3/1/16046350/does-the-ball-lie-1b09e7bebe48