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Due Mucche di Plastica fuori da un hamburgeria

Quando chiamare un compagno “Merdini” non è Bullismo

by Marco
Febbraio 26, 2021
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Una fortissima Kinder Bologna degli anni 90.

Scorrendo Facebook prima di andare a dormire mi imbatto in questa foto riportata dalla Pagina C’era una volta la serie A.

Ecco il nemico: La Kinder Bologna. Da tifoso di Carlton Myers e della “Effe Scudata” osservo all’inizio questa foto con un po’ di sospetto, poi mi rendo conto che sono passate diverse primavere e gli dò una chance.

Inizio a zoommare meglio la foto di quei giocatori che vedevo giocare da bambino; il primo neanche a dirlo è Danilovic, non potrei dire nulla di male di lui come giocatore e penso “Cavolo come era giovane”. Poi alzo la testa guardo Binelli: “Ma quanto è grande? Savic e Nesterovic a fianco sembravano due bambini”. Continuo così prima da sinistra con “Picchio” Abbio fino ad arrivare a destra a Rigaudeau. Mi ricordo ancora da bambino al Forum quando l’ho visto dal vivo in prima fila con mio fratello che continuava a dirmi: “Questo è un fenomeno”.

Ma prima di riprendere a scrollare Facebook mi rendo conto di un piccolo particolare: hanno tutti la testa storta. Vuoi mica dirmi che stanno “perculando” Antoine Le Roi Rigaudeau? Sì, è proprio così.

Il francese era famoso oltre per il talento sul rettangolo di gioco anche per la sua postura irregolare che gli faceva tenere la testa inclinata.

Le prime due cose che mi passano per la testa sono:

Idoli! quindi si fà anche in Seria A, come nelle Minors (prendere in giro i compagni di squadra).

Nooo, adesso qualcuno tirerà fuori qualche commento sullo sport e il bullismo.

Come se ci fosse il bisogno di ribadire da qualche parte che scherzare un compagno di squadra è la prima dimostrazione di accettazione all’interno del gruppo.

Così in piena momento nostalgia penso a tutti quei ricordi di “bullismo” buono affrontati in 29 anni di campionati Minors; situazioni aggreganti che ancora oggi mi fanno sorridere.

Prima di raccontarvi due annate che ho vissuto in prima persona, qui sotto le regole non scritte dei momenti di “integrazione” che vigono all’interno di una squadra specialmente orientati al dualismo “vecchi-giovani”:

  • La durata delle “attenzioni” è di almeno una stagione. Non pensare di cavartela in qualche mese (succede solo se vieni tagliato);
  • Non esiste una strategia giusta per affrontarli. A volte puoi ribellarti, a volte arrabbiarti, e a volte rimanere impassibile. Ma potrebbe essere anche controproducente;
  • Se il tuo compleanno è durante la stagione (Settembre-Maggio) cerca di non presentarti a mani vuote, e ricorda che non puoi fare finta di niente. C’è sempre quello che conosce le date di nascita di tutti.

1997-98

Ho 14 anni e per la prima volta inizio ad allenarmi con la prima squadra del Derthona. Sono naturalmente tutti più grandi di me ma sono un “fortunato”, mio padre ha allenato tuttu in quella squadra e io sono il figlio del “Prof.” quindi mi va decisamente bene.

Il ricordo indelebile che mi porterò dietro tutta la vita: La Doccia.

La doccia non è per tutti, devi guadagnartela. Quando hai 14 anni and ogni allenamento o partita devi chiedere al capitano il permesso di farla: “Ciko posso fare la doccia?” La risposta non è mai scontata e non dipende solo da come ti sei allenato.

Se la giornata era buona Ciko mi diceva “Sì”. Questo voleva dire fare la doccia con gli altri, tornare a casa prima ma con qualche manata tatuata sulla schiena.

Se la giornata era così così Ciko mi diceva “Sì”, ma dopo essermi bagnato e insaponato mi veniva posto il veto al risciacquo. E quando sei in un palazzetto con più spifferi che la casa di Psycho è davvero un problema.

Se invece la giornata era molto negativa o semplicemente Ciko aveva voglia di divertirsi mi diceva “Marco tieni compagnia a Tigre, vorrai mica fare la doccia prima di lui?” Angelo Della Rovere veniva ad allenamento da Genova e il treno che lo riportava a casa passava quasi un’ora dopo il riento in spogliatoio. Tigre con tutta la calma del mondo faceva sessione aggiuntiva di tiro e stretching.

Io attendevo.

2013-14

Ora sono io il “Vecchio”.

Gioco a Voghera nella squadra con più amici che abbia mai avuto. Inallenabili fuori dal campo.

Quell’anno Il “giovane” è Samu. 172 cm, Play, lento, 45 kg da sudato, molto silenzioso.

Al secondo allenamento riceve il “battesimo”. Samu d’ora in poi diventa “Merdini”.

Qui si dovrebbe aggiungere una regola a quelle sopra elencate. Non importa che ci siano o meno i tuoi genitori in palestra quello che ti viene dato dai compagni non è un soprannome ma un nuovo passaggio all’anagrafe che sostituisce il nome precedente.

Merdini ha:

Il cowboy del Roadhouse di Broni
  • Portato la mia borsa e quella di almeno altri due compagni in tutte le trasferte e partite in casa;
  • Ricevuto insulti da compagni e avversari durante le partitelle in allenamento;
  • Gli è stato imposto di salire alle 2 di notte tornati da una trasferta vinta sulla mucca del Roadhouse di Broni.

Per tutte queste cose è stato, e sempre sarà uno di noi!

Mi sono limitato a raccontare quelle cose che possono uscire dallo spogliatoio, oltre a sottolineare che il bullismo, quello vero, è una merda e che noi quell’anno con merdini il campionato lo abbiamo vinto … ma questa è un’altra storia.

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